TEATROTERAPIA: LA FUNZIONE TERAPEUTICA DEL TEATRO
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Gli aspetti terapeutici del teatro sono stati dimostrati lungo la storia.
Il concetto di catarsi fu introdotto da Aristotele per esprimere il peculiare effetto che il dramma greco aveva sui suoi spettatori.
Assistervi consentirebbe tanto un coinvolgimento quanto una presa di distanza che renderebbero possibile un'osservazione piu' consapevole.
Secondo lui il recitare un personaggio la cui "passione" o "idea fissa" sia opposta a quella che affligge il malato consente a quest'ultimo di liberarsi dalla sua "idea fissa" originaria e quindi diventa un vero e proprio strumento terapeutico.
A partire dalle avanguardie storiche che avevano provocato un rinnovamento radicale del teatro (nella drammaturgia, nella scena, nella recitazione, nella preparazione dell'attore, nel ruolo sociale del teatro) si e' delineato nella seconda parte del secolo uno spostamento dell'interesse non piu' focalizzato sul prodotto, ma sul processo.
Il "laboratorio", in cui attori e regista lavorano insieme sul training e sulla preparazione dello spettacolo si propone come setting di ricerca e di sperimentazione.
Egli propone la poverta' in teatro, lo sfrondamento di tutti gli elementi parassitari per arrivare a svelare le ricchezze inesplorate di questa forma artistica.
"Il teatro, grazie alla tecnica dell'attore, quest'arte in cui un organismo vivo lotta per motivi superiori, presenta una occasione di quel che potremmo definire integrazione, il rifiuto delle maschere, il palesamento della vera essenza: una totalita' di reazioni fisico-mentali.
Questa possibilita' deve essere utilizzata in maniera disciplinata, con una piena consapevolezza delle responsabilita' che essa implica.
E' in questo che possiamo scorgere la funzione terapeutica del teatro per l'umanita' nella civilta' attuale" (Grotowski,1968).
Per lui l'atto teatrale e' un lasciare andare, un rinnovarsi, un purificarsi sia per l'attore, sia per il pubblico.
E' una esperienza liberatoria "... la risata e le emozioni intense liberano l'organismo di parte delle scorie..." (Brook,1968).
In tale situazione si ha una sospensione della vita quotidiana a favore di una esplorazione-costruzione di modalita' diverse non solo di pensare, percepire, muoversi, ma anche di interagire; le normali regole che orientano le interazioni sociali e comunicative vengono messe in discussione, o comunque sono ridefinite.
Questa esperienza investe non solo gli schemi di relazione interpersonale, ma anche il linguaggio, la mente e il corpo.
Per Grotowski il rinnovamento nasce da gente esterna al teatro, da dilettanti che vivono ai margini del teatro professionista, dal teatro povero.
Si auspica un teatro che esca dal teatro per entrare nel mondo con una missione trasformativa.
Una parte del teatro si muove verso le situazioni di margine, i luoghi del disagio, nel senso piu' ampio del termine, approdando nei manicomi, nelle carceri, nelle case di cura e negli ospizi, nelle comunita' per tossicodipendenti e nelle comunita' di accoglienza, nei centri per disabili e nei centri di aggregazione giovanile, fino alla strada.
Egli si cimento' nella conduzione di un gruppo teatrale presso un parco della periferia di Vienna con alcuni ragazzini "difficili".
Questi si trasformarono presto in una compagnia dilettantesca in grado di mettere in scena storie di vita quotidiana.
Moreno lavoro' anche con un gruppo di prostitute di un ghetto viennese, rendendosi conto di come il gruppo funzionava da agente terapeutico.
Lo Psicodramma di J.L. Moreno, e' una forma di psicoterapia di gruppo nella quale ciascun paziente "rappresenta" se stesso, dando forma drammatica (teatrale) alle proprie vicende interiori, passate o presenti, in una restituzione del senso della unitarieta' della propria esperienza e della totalita' della psiche, derivante dalla oggettivazione della propria dinamica psichica e dallo scambio relazionale instaurato nel gruppo.
Moreno ha utilizzato la spontaneita' come strumento di cambiamento personale e sociale, intuendo le grandi possibilita' terapeutiche della recitazione libera.
La consapevolezza puo' essere raggiunta attraverso l'auto-osservazione, che presuppone una certa distanza, una non identificazione con i contenuti mentali.
La stessa non identificazione la ritroviamo in campo teatrale con Brecht che in contrasto alle tesi di Stanislavskij ribadisce la necessita' di una distanza critica dell'attore nei confronti del personaggio e del testo.
La distanza implica la distinzione tra l'azione e il riflettere sull'azione stessa, la separazione tra il ruolo e l'attore.
Tutto questo viene prodotto dal teatro con mezzi molteplici, alcuni dei quali sono legati alle strutture formali del dispositivo rappresentativo, altri sono generati dalla maestria dell'attore.
Ma ci dice Bertold Brecht, in questo caso il teatro mantiene l'ordine costituito: non serve per pensare, non ha nessuna funzione pedagogica.
Per ottenere questo scopo bisogna stimolare non l'identificazione, ma lo straniamento perche' solo in questo modo lo spettatore e' indotto a pensare alle vicende rappresentate ed a prendere coscienza della sua situazione.
Un happening e' un evento che puo' avere luogo ovunque, ma dietro il quale c'e' un grido "Svegliati!".
Per Brook, l'effetto dell'happening e quello dello straniamento sono simili e opposti: "lo shock dell'happening serve a infrangere tutte le barriere erette dalla nostra ragione; lo shock prodotto dallo straniamento attiva la parte migliore della nostra ragione" (Brook, 1968, pag. 82).
In un certo senso, secondo Brook, questi due mezzi producono nello spettatore momenti di responsabilita', momenti in cui il pubblico e' più attento, piu' desto, piu' aperto e meno passivo.
Landy e' uno dei piu' importanti teorici di un nuovo approccio chiamato Drammaterapia.
Egli utilizza tecniche proiettive per amplificare il vissuto di distanza.
Gli attori non diventano i personaggi che stanno interpretando, ma avvicinano se stessi e le loro esperienze alla performance, si muovono attraverso un tempo reale ed un tempo immaginario, da una realta' ordinaria a una realta' teatrale.
Dramma, dal greco "Dran", significa letteralmente "compiere un'azione", ma l'atto drammatico non e' semplicemente fare qualcosa, e' necessario che l'azione sia compiuta con un certo grado di distanza.
Potenziare la creativita' e le abilita' espressive del cliente, usare le strutture del teatro, focalizzare l'attenzione sull'espressione simbolica delle emozioni e della comunicazione non verbale, sono obiettivi che distinguono l'approccio della drammaterapia dall'approccio psicoterapeutico ortodosso.
Il modello terapeutico di Landy e' il modello del ruolo il quale vede l'individuo come colui che rappresenta numerosi ruoli, biologici, familiari e sociali nella vita reale.
Questi ruoli vengono riproposti nella seduta della drammaterapia.
Secondo Landy nel lavoro teatrale l'attore entra ed esce costantemente dal ruolo, c'e' un continuo slittamento da una realta' all'altra ed e' nello spazio intermedio che possono emergere le potenzialita'.
I ruoli diventano utili strumenti nella diagnosi, nel trattamento e nella valutazione.
In questo modello gli obiettivi del drammaterapeuta sono tesi ad aiutare i clienti ad incrementare il numero dei ruoli che essi possiedono, per non rimanere legati ad un ruolo rigido, e ad incrementare la capacita' di muoversi da un ruolo all'altro.
Il personaggio puo' essere considerato un ponte che permette il passaggio dalla cristallizzazione di una personalita' al mondo della possibilita' e della scoperta.
L'individuo iperdistante, a livello intrapsichico e relazionale, e' rigido e controllato e ha bisogno di instaurare confini forti tra se' e gli altri.
Landy (1999), altresi', parla di ipodistanziamento, nel caso in cui la persona non possiede confini definiti tra se' e il personaggio e si identifica con esso.
La distanza estetica, per Landy, e' un equilibrio tra affetto e cognizione si potrebbe dire come due polarita' dialettiche, "ad una distanza estetica, l'individuo ricopre il ruolo dell'osservatore cognitivo e distante e il ruolo dell'attore affettivo, emozionalmente coinvolto" (Landy, 1999, pag.140).
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